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venerdì 30 maggio 2014

APPUNTI DI EPICA DI DALILA ZANINI PARTE II


IL PROBLEMA DELLE TRADUZIONI DEI TESTI IN PROSA

L’ILIADE

Verso la fine del’700 Vincenzo Monti, poeta e traduttore, traduce l’Iliade: la sua è una traduzione lontana dalla fedeltà del testo originale (in greco ha 4 versi con sobrietà del linguaggio lessicale). E’ un vero e proprio testo poetico.

Rosa Calzecchi Onesti, una tra i più grandi traduttori,i traduce il poema utilizzando tecniche della poesia, risultando così molto fedele al testo.

Marco Bonfiglio, letterato, traduce l’Iliade nel modo più fedele di tutti.

L’invocazione alla Musa protettrice viene tradotta e interpretata in modo diverso da ogni singolo autore. Presentiamo alcune differenze:
-IRA FUNESTA: Monti la traduce in modo poetico. Indica l’esito dell’ira;
-IRA ROVINOSA: R.C.Onesti traduzione del termine greco che che indica ciò che crea rovina, la qualità dell’ira e le azioni, quindi il processo.

-EROI GAGLIARDI, GIOVANI.
Monti utilizza l’espressione “molti, anzi tempo” e traduce la parola “vita” con “ALME” (alma=anima).

-ORRIDO PARSO: Monti aggiunge l’aggettivo “orrido” che nel testo greco non c’è.

Tutti gli autori prestano molta attenzione al non far perdere il filo al lettore, anche attraverso iterazioni, come l’iterazione della parola “ira” incontrata precedentemente.

IL BRUTTO TERSITE
In questo passo viene presentato il lamento di Tersite, zittito da Odisseo, abile nell’arte della parola.
Tersite, all’interno del poema, è un personaggio secondario, un tipo; in questo passo ha la funzione di mestatore, cioè quella di accendere gli animi dei Greci. Viene connotato molto bene nella direzione fisica: l’aspetto fisico aveva grande importanza all’epoca, infatti le bellezza rispecchiava la qualità intrinseca dell’intelligenza (gli eroi, infatti, sono kalos kai agazos= belli e buoni) e quindi era la firma/il segno dell’essere semidivino. Il brutto, al contrario, rappresentava la qualità di essere “cattivo”, di non essere dotata di acume, intelligenza.
Tersite ha tratti marcati di bruttezza, non solo del voto, ma dell’intero fisico: è zoppo, curvato, ha un aspetto ripugnante. Inoltre è una persona malevola, cioè prova piacere nel parlar male degli altri.
Nel passo questa sua caratteristica viene fatta prevalere: Tersite, infatti, non presenta le ragioni dei suoi compagni, bensì sparla male di Agamennone, il quale aveva messo alla prova la fedeltà dei sui compagni fingendo fosse giunta l’ora di ritirarsi. Naturalmente  le sue parole vennero accolte con sollievo, però avevano suscitato l’azione violenta di Tersite. Quest’ultimo però, in un secondo momento, comincia a inveire contro i suoi compagni, i quali li aveva appena difesi. Ma Odisseo, il quale è dalla parte di Agamennone, grazie alla sua capacità di dissuadere, è in grado di zittire con poche parole il brutto Tersite.

ETTORE, ANDROMACA E ASTIANATTE
Ettore è uno dei protagonisti dell’Iliade, re troiano ed eroe. Pur essendo consapevole che partire per la battaglia, avrebbe potuto portare la morte, non si ritira: la consapvolezza di correre il rischio è una caratteristica degli eroi.
Questo passo presenta l’ulitmo incontro tra Ettore e la sua famiglia: è uno dei momenti più toccanti, reali dell’intero poema, anche se tutti gli altri passi dovrebbero essere staccati dalla realtà. E’ un testo ricco di pathos= sentimento.
Le parole di Andromaca sono molto toccanti: come tutte le mogli di condottieri, nel momento in cui perdono il marito in battaglia hanno un solo destini, quello di divenire prigioniere e schiave del conquistatore. Ma non è questo che impensierisce Andromaca, infatti perdendo il marito perderebbe l’intera famiglia perchè lei è sola, ha solo il coniuge. Ettore risponde con consapevolezza, ma anche fatalismo perchè sa che nessuno può sottrarsi al Fato.

LA MORTE DI PATROCLO
Patroclo si fa prestare l’armatura di Achille e in battaglia, i Troiani, pensando fosse quest’ultimo, si gettano contro di lui.
Muore per volontà di Apollo, infatti è lui che lo colpisce per primo, poi segue il colpo d’asta di Euforbo ed infine il colpo mortale lo infierisce Ettore. Patroclo, in punto di morte, predice la morte di Ettore per mano di Achille: così avverrà, infatti Achille lo ucciderà in modo brutale, infierendo per diversi giorni sul suo corpo tre volte al giorno (rito funebre).

IN GINOCCHIO DA ACHILLE
Priamo, padre di Ettore, vestendo i panni di colui il quale ha perso l’ultimo figlio eroe, si reca alla tenda di Achille e implora la restituzione del corpo della prole. Questo fatto destò particolare stupore in Achille: viene definito un gesto folle, essendo quest’ultimo l’eroe più temuto.
Patroclo, nonostante avendo su di se la colpa del delitto, ha il grande coraggio di fare ciò. Ma la visita ad Achille e la sua richiesta, non fanno perdere lui la potenza ed il rispetto perchè è in grado di far prevalere la sua grandezza attraverso le parole che pronuncia. Achille restituirà il corpo in cambio di un compenso ricchissimo.

L’ODISSEA

L’Odissea è un poema più conosciuto rispetto all’Iliade. Il suo protagonista è un eroe eponimo (=che da’ il nome al poema), Odisseo o Ulisse.
Dal poema, il termine “odissea” è utilizzato come nome comune per definire un viaggio con ostacoli, difficoltà ( es. E’ stata un’odissea).
Nel poema si narrano le avventure di Ulisse (inventore del cavallo di Troia) che dopo aver partecipato alla conquista di Troia, deve tornare in patria, Itaca.
E’ diviso in tre sezioni:
-TELEMACHIA: i primi 4 libri; si narrano le vicende di Telemaco, figlio di Ulisse divenuto uomo, che parte alla ricerca del padre;
-ODISSEA: dal 5^ al 12^ libro; Odisseo narra in prima persona cosa gli è accaduto dalla partenza da Troia, quindi dal regno del re Alcino;
-NOSTOS (ritorno): dal 12^ al 24^libro; parte più tipica e caratterizzante . Nostos (viaggio)+algos(dolore)= nostalgia= dolore per il ritorno. In latino si esprime attraverso il termine “desiderium”.

L’Odissea è un poema di grande impatto, infatti la figura di Odisseo, nella letteratura, ha riscosso molto successo (ad esempio Dante scrive versi immortali nei confronti di Ulisse; Primo Levi scrive “il canto di Ulisse ci salva…”).

Achille è un eroe furioso, che uccide; al contrario Ulisse (semidio) è l’eroe politropos, l’eroe dall’ingegno multiforme. Alcuni traduttori moderni lo paragonano all’aggettivo “versatile”, colui il quale non si ferma di fronte agli ostacoli.
Odisseo sa usare molto bene le parole, sa affrontare ogni situazione.
Il suo ingegno si manifesta anche nell’arte della parola, che nell’antichità era molto importante, perchè dalla capacità di coinvolgimento delle nostre parole siamo in grado di ottenere ciò che vogliamo, nel bene e nel male.

LA TELA DI PENELOPE
Telemaco incolpa i Proci, i quali vogliono sposare Penelope, di aver avuto comportamenti scorretti verso di lui, così si arrabbia.
Antinoo svela l’inganno di Penelope, la quale si presume sia ormai vedova di Ulisse.
Ma lei utilizza come pretesto il fatto di dover terminare la tessitura della veste per il padre del marito, Laerte perchè se lei sposasse uno dei Proci, decadrebbe il suo dovere verso il suocero.
I Proci rispettano la sua decisione, perchè comprendono il valore della famiglia: il biasimo è una vergogna, infatti fino a quando il padre di Penelope non conderà il matrimonio, il suo dovere è verso la famiglia di Ulisse.
Penelope, regina, persona dedita alla tessitura, con pochi margini di libertà: deve sottostare alla volontà del padre, e dal momento in cui si sposa, a quella del marito, successivamente al suocero Aerte e al giovane Telemaco. Viene definita saggia da Odisseo, il quale ha ricevuto il dono dell’immortalità dalla Ninfa Calipso.
Essendo poco libera, non ha grandi possibilità di sfuggire a ciò che stava per capitarle e così utilizza le armi che possiede: il suo fascino verso i Proci. Illude tutti, ma non promette nulla a nessuno.
Nel passo si parla poco della “tela” , ma rappresentando completamente l’oggetto su cui è costruito l’imbroglio, rappresenta il nucleo su cui si fonda la vicenda.
L’inganno della tela, ovvero l’elemento narrativo, viene ampliato: la narrazione dei fatti è articolata, con molti particolari rendendola così un’opera narrativa da cui trarre il fascino. L’autore vuole stuzzicare la fantasia e creare immagini che possano ritrarre la scena nella mente dell’ascoltatore, attraverso espressioni particolari, superflue all’apparenza (es.”...con le fiaccole a lato…” : Penelope disfa la tela di notte, di nascosto, non alla luce del sole. Le fiaccole rappresentano la speranza di Penelope che Odisseo sia ancora vico, che però iene nascosta dentro di se).
Nel testo prevale l’elemento narrativo: il testo poetico ha la caratteristica di dover essere guardato ( spazio occupato nella pagina, quanto e come. Con Ungaretti il titolo del sonetto è sempre il primo verso).

LA DOLCE NAUSICAA
Odisseo, accorto oratore, deve narrare ciò che gli è capitato. Lascia la ninfa Calipso e si mette per mare, ma ha contro una divinità e così naufraga a Scheria, dove regna il re Alicno. La figlia del re, Nausicaa, lo trova assieme alle ancelle, mentre giocano a calcio.
Odisseo, poco lucido, si chiede ove sia capitato, se sia una terra ospitale o tra uomini non giusti, e se fosse capitato in un luogo abitato da uomini che hanno un linguaggio, essendo quest’ultimo l’elemento distintivo degli uomini.
Odisseo è curioso di vedere il nuovo territorio, infatti non lascia che il timore sopravvalga alla curiositas e alla necessità.
Per indicare la forza di cui Odisseo ne è la prova, si usa una similitudine: “mosse come un leone…”, “...avanza battuto dalla pioggia e dal vento..” indica la caparbietà, la forza, la determinazione del leone, il quale cerca di mangiare anche in un recinto, in un luogo meno sicuro. Il significato di ciò è che anche chi è forte, robusto ha delle necessità e in virtù di queste non si lascia intimidire dagli ostacoli.
Agli occhi delle ancelle, Odisseo appare brutto, ma si rivolge a Nausicaa con parole dolci, accorte: nel dialogo c’è captatio benevolentie, cioè le parole sono giustamente dosate, senza esagerazioni.
La dea Artemide è famosa per la sua bellezza e purezza: è questo il motivo per cui Odisseo paragona Nausicaa alla divinità, la cui giovinezza viene espressa con il termine “germoglio che muove alla danza”. In questo caso l’autore mescola due sensazioni: un germoglio è fermo, ma contiene un movimento di bellezza (si schiude), quindi la danza è racchiusa in se.
Odisseo è rispettoso nei confronti di Nausicaa, ma nonostante ciò è costretto a chiedere informazioni,  è la necessità.
Il loro discorso si conclude con l’augurio, una regola della retorica.

Zanini Dalila

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